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COSA SIGNIFICA AFFITTARE L’UTERO

Ultimamente in Italia si sta discutendo sull’argomento della maternità surrogata, anche detta “utero in affitto”. Ma in cosa consiste precisamente questa pratica? La maternità surrogata è un processo di gestazione che una donna compie, il più delle volte pagata, per una coppia che, per svariati motivi, non può avere figli. Una madre surrogata quindi è una donna che partorisce per altri sulla base di un contratto che la impegna a portare a termine la gravidanza e, alla fine di questa, a “consegnare” il bambino alla coppia. Inoltre la madre surrogata non sempre è anche la madre biologica, anzi, nella maggior parte dei casi l’ovulo impiantato è quello di una donatrice; infatti, sebbene sia convinzione generale che questa pratica venga utilizzata principalmente dalle coppie omosessuali, in realtà vi ricorrono perlopiù coppie eterosessuali che, se possibile, preferiscono servirsi dei loro stessi gameti. Esistono quindi due tipi di maternità surrogata: quello tradizionale, dove la madre surrogata viene fecondata in modo naturale o artificiale da uno dei genitori o da un donatore, quindi l’ovulo sarà suo, e quello gestazionale, dove sia l’ovulo che gli spermatozoi appartengono ai genitori o a dei donatori, e quindi la madre surrogata non ha alcun legame genetico con il bambino. La surrogazione di maternità, come accennato prima, viene effettuata se in uno o entrambi i genitori si presenta un problema di fertilità oppure se la coppia non può avere figli, per qualsiasi motivo. Inoltre, se previsto dalla legge, anche omosessuali e singoli possono rivolgersi ad una madre surrogata. E, a proposito di legge: in Italia l’ “utero in affitto” è vietato a chiunque, secondo la legge 40/2004 (articolo 12, comma 6), ma in molti paesi del mondo è una pratica legale. Tra questi troviamo: Armenia, Bielorussia, Cipro, Georgia, Russia, Sudafrica, Ucraina e alcuni stati degli USA dove la maternità surrogata è legale, anche retribuita, mentre in Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Grecia, Hong Kong, Israele, Paesi Bassi, Ungheria e la maggior parte degli USA la retribuzione è illegale, ed è consentita solo quella altruistica, per cui la donna porta a termine la gravidanza senza alcun compenso, usufruendo solo di un rimborso spese. Ci sono poi paesi dove ci si può rivolgere alle madri surrogate solamente se si è cittadini, come ad esempio India, Nepal, Regno Unito e Tailandia.

È comunque un dato di fatto che intorno alla Gpa (gravidanza per altri) si sia creato un mercato fiorente con parecchie agenzie che promuovono la surrogazione di maternità mettendo in contatto le madri “in affitto” con i clienti, provvedendo alla stesura dei contratti, fornendo veri e propri cataloghi per la scelta dei donatori di ovuli o spermatozoi, con tanto di pubblicità e buoni sconto! Mercato in costante crescita con fatturati enormi.

La questione è estremamente controversa e sono inevitabili alcune riflessioni; innanzitutto la maternità solidale fino a che punto è veramente altruistica? Partendo anche dal presupposto che la donna sia disposta a ricevere solo un rimborso per le spese, resta il fatto che l’accordo è regolato da un contratto stipulato per mezzo di un’agenzia e quindi non può che trattarsi di un rapporto commerciale. Resta forte il dubbio che sotto la voce di rimborso spese si possa far rientrare di tutto, e che l’altruismo non sia che un pretesto per regolarizzare i contratti. C’è anche da considerare che la priorità delle agenzie è sicuramente il guadagno e che quindi non si curano certamente dei diritti delle donne, alle quali fanno firmare contratti ben precisi e vincolanti che impediscano loro di esercitare ogni tipo di pretesa o di cambiare idea sulla cessione del figlio una volta nato.

Resta molto forte anche il sospetto di sfruttamento vero e proprio di donne che accettano spinte solo da necessità economiche; non a caso quasi sempre le madri surrogate sono di ceto sociale inferiore rispetto ai committenti.

Senza addentrarsi troppo sull’aspetto psicologico, resta importante sottolineare come la pratica della Gpa sia vista spesso come degradante per le donne, contraria alla tutela della loro dignità, ridotte a delle semplici incubatrici, e anche quando si parla di scelte libere e consapevoli, resta sempre il sospetto che si tratti di una libertà di facciata, che serva solamente a giustificare eticamente una nuova forma di strumentalizzazione al servizio del profitto.

Ovviamente il dibattito è molto acceso, con pareri favorevoli ed altri contrari e sui giornali compaiono diversi articoli sull’argomento. Particolare scalpore ha suscitato la vicenda di Ana Obregòn, l’attrice spagnola di 68 anni che è sia mamma che nonna della bambina nata da una madre in affitto utilizzando il seme di suo figlio morto di cancro qualche anno fa. Oppure le varie interviste rilasciate da Nicola Vendola, ex politico, che ha “affittato” una donna americana per avere un figlio con il marito Eddy Testa, raccontando di un’esperienza estremamente positiva, anche per la madre surrogata. Ma ci sono anche molte persone contrarie: prima fra tutte Eugenia Roccella, attuale Ministro per le pari opportunità e la famiglia, che sottolinea quanto la pratica dell’utero in affitto sia qualcosa di sminuente per le donne che spesso ne prendono parte semplicemente per ottenere del denaro.

A questo punto da che parte schierarsi? Su un argomento così delicato non è facile scegliere: è giusto che una persona possa decidere del proprio corpo, questo è vero, ma la motivazione non deve essere legata al denaro, altrimenti è un po’ come il discorso della “prostituta felice”, che vende il proprio corpo per scelta quando in realtà è quasi sempre perché non ha alternativa.

Inoltre ci sono molti bambini orfani che potrebbero trovare una vita migliore, anche se questa fosse con due mamme o due papà. E comunque vanno anche ricordati i tanti neonati abbandonati perché “non usciti bene”, con “difetti di fabbrica”, che valgono meno degli altri perché con malattie genetiche (è capitato il caso di un bimbo down che non è stato “ritirato” perché non corrispondente ai canoni richiesti) o semplicemente con un aspetto differente da quello previsto. A pensarci bene questa storia ricorda tanto un pazzo con i baffetti.


- FRANCESCA LANDINI 1AG


 
 
 

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