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La Società degli Uomini di Paglia

Gli uomini di paglia sono esseri superiori, complessi e multiformi, creature antropomorfe ma prive di facoltà umane; gli uomini di paglia sono esseri soli. Non hanno sviluppato lineamenti facciali, in quanto in fondo per loro non c’è alcun bisogno di esprimere le loro intenzioni; non hanno occhi, poiché hanno già dentro di essi tutto ciò che serve per sopravvivere; non hanno bocca, siccome i numerosi muscoli che permettono la formazione di smorfie sono energicamente troppo dispendiosi. Invece, hanno muscoli efficienti e una naturale inclinazione al lavoro fisico. Gli uomini di paglia sono esseri completi che sconfiggerebbero qualsiasi essere umano in uno scontro diretto, esseri che non hanno bisogno gli uni degli altri, anzi, sono esseri che alla cooperazione preferiscono la competizione. Sublimi ma distanti, passano la loro esistenza alla ricerca di qualcosa che non c’è, sono padroni di sé stessi, o almeno credono di esserlo. Proprio gli uomini di paglia sono i protagonisti dell’opera di arte contemporanea intitolata “The round table” dell’artista coreano Choe U Ram, esposta nel 2022 al Museum of modern and contemporary arts of Korea. l’installazione consiste in una tavola rotonda dal diametro di quasi cinque metri, retta da diciotto uomini di paglia piegati sulle loro gambe. Sul grande tavolo vuoto troneggia una sola testa di paglia, anch’essa senza volto, ambito premio di tutti gli uomini di paglia, che contengono meccanismi in grado di innalzare o abbassare il punto del tavolo che si appoggia a loro. Il risultato è una indefinita competizione senza vincitore: ogni uomo cerca di impossessarsi della testa, ma quando essa si avvicina, tutti gli altri collaborano per allontanarla da lui il prima possibile, dando vita ad un movimento infinito in cui la testa rotola in tutte le direzioni senza mai cadere. Sopra il tavolo, a diversi metri di altezza, sorvolano tre statue ritraenti uccelli neri che, cinici e impietosi, osservano la situazione. “The round table” è un’opera dagli evidenti caratteri di critica sociale, data anche l’origine geografica dell’artista, ma è anche un’opera che parla di umanità, o meglio, di disumanità. Guardare l’interminabile battibecco tra queste creature genera un sentimento di profonda pietà: se solo rinunciassero a reggere incessantemente il peso della tavola, forse scoprirebbero che i loro corpi, infatichiti dal costante carico, sono dotati di sconfinate possibilità: diventerebbero esseri possenti, slanciati, terrificanti. In pochi istanti si alzerebbero in piedi in tutta la loro stazza e con pochi sforzi afferrerebbero i corvi sovrastanti. Un potere enorme nelle mani di un gruppo molto esteso di uomini, da una parte una grande potenzialità sprecata, dall’altra una prospettiva spaventosa. Allora sì, forse i corvi fanno bene a non fare nulla, forse è meglio tenerli impegnati questi uomini di paglia, è meglio dare loro in pasto un premio prestigioso e guardarli ostacolarsi a vicenda. Non è facile guardarli senza sentire una fitta alla pancia e il magone in gola, ma pian piano la pietà si trasforma in compiacenza, e la compiacenza in indifferenza; in fondo gli uomini di paglia non hanno volto per comunicare dolore, non hanno occhi per cercare sguardi, non hanno bocche per chiedere aiuto, hanno solo muscoli efficienti e una naturale tendenza al lavoro fisico.



 
 
 

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