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DIMENTICARE

Updated: Jan 3, 2023

Avete mai riflettuto sul motivo per cui la nostra mente ci porti involontariamente a

dimenticare il dolore?

Se penso ai dolori più grandi che ho provato, non riesco a figurarli in modo totale, come

riesco invece a fare per i più grandi momenti di gioia; il dolore pensato - dunque diverso da

quello di cui si è fatto esperienza - già poco tempo dopo averlo vissuto risulta sfocato: pur

avendone bene in mente le cause, la sofferenza sbiadisce, sempre più, sino a svanire.

Partendo dal presupposto che il “male” è condizione necessaria per l’uomo, siamo costretti

ogni giorno a far fronte a dispiaceri e tormenti inevitabili; che siano razionalmente ingenti, o

dolorosi a livello momentaneo, resta il fatto che ci portano, in un qualche modo, a soffrire. Si

sente spesso dire che l’adolescenza è casa di dolori futili, dolori effimeri, che non hanno

valenza fondata, dolori fittizi e apparenti, a cui non è giusto, né tanto meno ha senso, dar

corda. Ho diciotto anni, ed è questo il dolore di cui sono in grado di parlare, di cui ho fatto

esperienza e per cui, di fatto, sono la persona che sono.

Diverse sono state le situazioni nella mia vita che mi hanno portata a dover affrontare il

dolore e a doverci sbattere contro, altrettante le volte in cui ho pensato che fosse ingiusto,

che questa vita, abbia scelto di farmi stare tanto male, e pensavo, e nella mia testa

risuonava un “perché proprio a me” continuo. Vedevo il dolore come un mostro

mastodontico, che lentamente mi si poneva dinanzi e mi impediva di camminare, ed io che

imperterrito cercavo di fronteggiarlo, di urlargli contro, senza rendermi conto che i mostri non

se ne vanno in questo modo. Ad un certo punto, però, era come se la corda si fosse

talmente tanto sfibrata, che di lì a poco avrebbe mollato la presa. Ed ecco che, in un

determinato momento della mia adolescenza, mi sono accorta di aver sbagliato tutto. Il

mostro che è il dolore non dev’essere sconfitto, bensì dev’essere accudito; perché se ne

vada, il “male”, è necessario metabolizzarlo, assorbirlo completamente, perché solo in

questo modo potrà rimpicciolirsi. Durante questo processo di metabolizzazione del dolore, la

nostra mente funge da spugna e si intride dell’esperienza, del pensiero, e del ricordo di

esso, per poi, dopo poco, asciugarsi. Dopo pochi giorni il ricordo vivido del dolore vissuto si

sfoca, sempre più, e più tardi sembra come sparire, non il ricordo del dolore stesso, quanto il

ricordo della sperimentazione fisica di quel dolore.

Forse è questo il motivo per cui il dolore si dimentica, come fosse una poesia, un volto.

Spesso però mi chiedo, ci sarà mai un dolore che ricorderemo per sempre?

Luna Foschini 4AC

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