DIMENTICARE
- L' eco del Liceale
- Mar 28, 2022
- 2 min read
Updated: Jan 3, 2023
Avete mai riflettuto sul motivo per cui la nostra mente ci porti involontariamente a
dimenticare il dolore?
Se penso ai dolori più grandi che ho provato, non riesco a figurarli in modo totale, come
riesco invece a fare per i più grandi momenti di gioia; il dolore pensato - dunque diverso da
quello di cui si è fatto esperienza - già poco tempo dopo averlo vissuto risulta sfocato: pur
avendone bene in mente le cause, la sofferenza sbiadisce, sempre più, sino a svanire.
Partendo dal presupposto che il “male” è condizione necessaria per l’uomo, siamo costretti
ogni giorno a far fronte a dispiaceri e tormenti inevitabili; che siano razionalmente ingenti, o
dolorosi a livello momentaneo, resta il fatto che ci portano, in un qualche modo, a soffrire. Si
sente spesso dire che l’adolescenza è casa di dolori futili, dolori effimeri, che non hanno
valenza fondata, dolori fittizi e apparenti, a cui non è giusto, né tanto meno ha senso, dar
corda. Ho diciotto anni, ed è questo il dolore di cui sono in grado di parlare, di cui ho fatto
esperienza e per cui, di fatto, sono la persona che sono.
Diverse sono state le situazioni nella mia vita che mi hanno portata a dover affrontare il
dolore e a doverci sbattere contro, altrettante le volte in cui ho pensato che fosse ingiusto,
che questa vita, abbia scelto di farmi stare tanto male, e pensavo, e nella mia testa
risuonava un “perché proprio a me” continuo. Vedevo il dolore come un mostro
mastodontico, che lentamente mi si poneva dinanzi e mi impediva di camminare, ed io che
imperterrito cercavo di fronteggiarlo, di urlargli contro, senza rendermi conto che i mostri non
se ne vanno in questo modo. Ad un certo punto, però, era come se la corda si fosse
talmente tanto sfibrata, che di lì a poco avrebbe mollato la presa. Ed ecco che, in un
determinato momento della mia adolescenza, mi sono accorta di aver sbagliato tutto. Il
mostro che è il dolore non dev’essere sconfitto, bensì dev’essere accudito; perché se ne
vada, il “male”, è necessario metabolizzarlo, assorbirlo completamente, perché solo in
questo modo potrà rimpicciolirsi. Durante questo processo di metabolizzazione del dolore, la
nostra mente funge da spugna e si intride dell’esperienza, del pensiero, e del ricordo di
esso, per poi, dopo poco, asciugarsi. Dopo pochi giorni il ricordo vivido del dolore vissuto si
sfoca, sempre più, e più tardi sembra come sparire, non il ricordo del dolore stesso, quanto il
ricordo della sperimentazione fisica di quel dolore.
Forse è questo il motivo per cui il dolore si dimentica, come fosse una poesia, un volto.
Spesso però mi chiedo, ci sarà mai un dolore che ricorderemo per sempre?
Luna Foschini 4AC
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