Il fenomeno del cat-calling e delle molestie per strada
- L' eco del Liceale
- Mar 24, 2023
- 4 min read
ciò che le donne devono subire ogni giorno
Mi sono accorta di essere finalmente diventata una donna quando, per strada, ho ricevuto il primo apprezzamento non richiesto. Avevo dodici anni, mi vestivo solo di rosa ed ero felice perché i miei genitori mi avevano dato il permesso di percorrere da sola il tragitto tra casa e la scuola media che frequentavo. Ricordo di aver avuto paura, di essermi sentita sbagliata e di aver passato la mattina a piangere, con la testa appoggiata sul banco. Non l'ho detto a nessuno: pensavo di essere stata io a fare qualcosa di sbagliato.
È iniziato che ero ancora una bambina e non si è più fermato. Ora che ho diciott'anni, e forse una donna lo sono davvero, non posso passare davanti al bar di fronte a casa senza ricevere almeno un fischio, non posso andare in giro con un vestito senza che un uomo mi fermi per dirmi quanto sono bella, non posso mettere i tacchi, non posso permettermi di sorridere agli sconosciuti e non posso percorrere una strada buia senza che una macchina si accosti e mi chieda di salire. Mi sento un pezzo di carne che cammina, un oggetto fatto per essere squadrato e toccato da uomini che non conosco. Mi sento un pezzo di carne che cammina e così si sentono altre milioni di donne, in ogni istante della loro vita.
Secondo Treccani, per cat-calling si intende "una molestia maschile consistente nell'espressione verbale e gestuale di apprezzamento di natura sessuale rivolto in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso, a una donna incontrata per strada o in un luogo pubblico". In poche parole, per cat-calling si intende quello che donne, adolescenti e bambine devono sopportare ogni giorno, senza che qualcuno faccia veramente qualcosa per contrastarlo. In alcuni Paesi, in Francia, nelle Filippine e in Perù, è illegale. In Italia, è solo un comportamento che bisogna ignorare e tollerare, perché gli uomini "sono fatti così", perché gli uomini "non si rendono conto".
Delle molestie per strada si parla poco, solo quando l'influencer di turno tira fuori l'argomento sui social, e le donne che provano a denunciare si sentono chiedere se, quando è successo, indossassero il reggiseno, se hanno fatto qualcosa per incoraggiare questo tipo comportamento. "Quando metti una gonna corta sai a cosa stai andando in contro", questa è la risposta che mi è stata data da una mia amica quando sono andata da lei piangendo perché un ragazzo mi aveva afferrata per un braccio, mentre stavo tornando a casa da scuola. Certe volte, prima di uscire, mi guardo allo specchio e valuto quanti rischi corro indossando quel determinato vestito, quella maglia scollata o quei jeans aderenti. Ogni donna dovrebbe essere libera di vestirsi come preferisce, di esprimere sé stessa attraverso gli abiti che ha deciso di indossare, ma nessuna di noi lo è. Veniamo colpevolizzate se le rinunce che facciamo non sono "abbastanza", quando noi non siamo colpevoli. "Boys will be boys" e le ragazze devono abbassare la testa, restare mute. "Sono solo complimenti" mi dicono, ma un complimento dovrebbe farmi sentire bene, non mettermi a disagio.
La verità è che, se le molestie che riceviamo per strada, perché è di molestie che si sta parlando, si limitassero a un "ciao, bella" o a un "quanto ti vorrei *******" sarebbero più sopportabili. Non è sempre così. Spesso, dai commenti volgari si passa a comportamenti ben più gravi, a comportamenti che ci mettono seriamente a rischio e che ci portano ad aver paura persino di uscire di casa. Avevo sedici anni ed era estate, faceva caldo e stavo aspettando l'autobus. Indossavo un top scollato perché mi piaceva, mi faceva sentire bella. Un paio di ragazzi mi si sono avvicinati con il telefono in mano e hanno iniziato a scattarmi delle fotografie, ridendo. Mi sono sentita umiliata, non ho avuto la forza di fare niente per fermarli. Ancora oggi, mi sale l'ansia tutte le volte che devo prendere il bus per andare da qualche parte, quella maglietta è arrotolata in fondo all'armadio.
Sono sicura che, se un uomo ti fischia per strada, sa che quel gesto non porterà all'instaurarsi di una relazione tra voi due. Sono sicura che le notano le lacrime trattenute e le espressioni terrorizzate sui nostri volti. Eppure, lo fanno comunque. Umiliare una donna significa confermare ad alcuni uomini quella superiorità che, almeno sulla carta, non viene più riconosciuta al genere maschile. Significa affermare il proprio potere, il diritto di poter disporre come vogliono di corpi che non appartengono a loro. Questa è l'unica spiegazione che mi riesco a dare.
Quando provo a parlarne, mi dicono che non tutti gli uomini sono fatti così. Certamente, non tutti gli uomini sono dei molestatori, ma è impossibile stabilire quale sarà il prossimo a tentare di toccarmi quando starò per scendere dal treno. Così, quando esco la sera, infilo un localizzatore in borsa in modo che i miei genitori possano sapere dove sono, cammino con le chiavi di casa in mano, per usarle come arma se ce ne fosse bisogno, e guardo con diffidenza qualsiasi persona incontro in una strada buia. Vorrei essere libera e al sicuro, ma le donne non possono esserlo.
Se dovessi dare un consiglio alle ragazze più piccole, su come affrontare le molestie che inevitabilmente subiscono e subiranno, non saprei cosa dire. Nemmeno tutti gli adulti a cui ho chiesto conoscono la risposta, il modo per aiutarci. Credo che, a questo punto, l'unica cosa che possiamo fare è parlarne, denunciare e provare a sensibilizzare su questo argomento tutti i ragazzi che ci conoscono e di cui ci fidiamo. Dobbiamo restare vicine, aiutarci a vicenda e comprendere che non è colpa nostra, che noi siamo solo le vittime di un sistema in cui le donne sono ancora più in basso degli uomini, nella piramide sociale. Siamo esseri umani, non pezzi di carne, questa è l'unica cosa che dobbiamo ricordare.
- Fosca de Miranda, 5ASU
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