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L’ARTE DI AMARE

Updated: Dec 30, 2022

Credo non esista niente che sia stato rappresentato dall’arte tanto quanto l'amore; le opere che hanno cercato di descriverlo nelle sue infinite sfaccettature sono migliaia ma alcune delle più belle, a parer mio, sono “Norwegian Wood” di Murakami Haruki, “I sette mariti di Evelyn Hugo”, “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara e "Her" di Spike Jonze.

Oltre a titoli come “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, “Parlarne tra amici” di Sally Rooney o la pellicola “Gone Girl” di David Fincher. Una cosa di cui ci si rende conto immediatamente, se si conoscono tutte le storie, è che ognuna racconta un amore completamente diverso dall’altro, nessuna storia sarà una storia canonica ma andranno tutte da quella più passionale a quella più tormentata o da quella più idilliaca a quella più tossica e nociva.

Quasi tutte avranno inizio nei modi più semplici, attraverso un banale incontro casuale o un’amicizia in comune, ad esempio, ma, con il passare del tempo, inizieranno a presentarsi le dinamiche più disparate a modificare inevitabilmente il rapporto (la malattia, la gelosia, la mancanza di punti d’unione, i tradimenti, i matrimoni insoddisfacenti, o, ancora, i litigi e le incomprensioni).

Nel libro di Murakami, nonostante Watanabe, studente giapponese di appena 19 anni, abbia conosciuto due ragazze stupende a cui si legherà profondamente, non sarà mai in grado di culminare il suo amore.

La distanza tra lui e le due ragazze che conoscerà durante la sua giovinezza sarà segnata da malattie mentali, depressione, paura di legarsi affettivamente e paura di perdersi o non trovarsi. Midori e Naoko saranno due facce della stessa fragilissima medaglia fatta di paure e incertezze che porterà il loro rapporto a un continuo e inevitabile “nulla di fatto” che, in realtà, sarà tutto.

“Forse attorno al mio cuore c’è una specie di guscio duro e sono veramente

poche le cose che possono romperlo ed entrarci dentro.

Forse non sono capace di amare ”

Il libro di Taylor Jenkins Reid, al contrario, sarà incentrato sul continuo raggiungimento dell’amore ma sull'incapacità di riuscire a mantenerlo saldo negli anni.

Evelyn, protagonista della storia, sarà colta, nei suoi primi vent’anni, da un amore improvviso, inspiegabile e totalizzante per la sua collega e amica Celia.

Siamo intorno agli anni 50\60 del secolo scorso ed è quindi innegabile come un amore del genere fosse, oltre che inaccettabile, anche la possibile causa della fine di una carriera come quella tanto sognata da Evelyn e dalla stessa Celia.

Le ambizioni di una spesso prevaricheranno sui sentimenti dell’altra, ferendo il rapporto e portandolo a una continua e ripetuta spaccatura che, però, nonostante tutto, sopravvivrà allo scorrere del tempo e al susseguirsi degli eventi, portando le due a vivere la storia d’amore più bella della loro vita e la sfida più difficile che l’universo potesse presentargli: amare di nascosto.

“Ho passato metà della mia vita ad amarla e

metà a nascondere quanto l’amassi”

Tutta un'altra storia sarà quella di Jude, protagonista del libro “Una vita come tante”.

Per tutta la sua vita sarà costretto a rinunciare all'amore, spinto dalle continue delusioni e dai continui traumi che la ricerca di quest’ultimo gli porterà.

Riuscirà a trovarvi dei vani sostituti come i riconoscimenti accademici e lavorativi, le attenzioni dei propri amici o, spesso, la ricerca del dolore fisico, nel quale troverà un modo per attutire quello emotivo.

Le enormi ferite di una vita intera lo porteranno a temere la tenerezza, la cura e le attenzioni di chi ti ama; sarà molto difficile per lui, quindi, aprirsi all’amore e a quello che ne conseguirà, dalla stretta vicinanza della convivenza, ai rapporti sessuali e, ancor di più, al dialogo e alla scoperta di sè da parte dell’altro.

Nonostante Jude conosca i propri limiti non smetterà mai di crederci e di provarci, alcune volte sbagliando e ricadendo in dinamiche tossiche che lo segneranno ulteriormente, altre, invece, trovando l’unico antidoto alla sua infelicità.

“Mi hai reso più felice di quanto sia mai stato in tutta la mia vita”

Infine vorrei citare uno degli amori più particolari del cinema: l’amore di Theodore per Samantha nel film “Her”.

Theodore sarà un ragazzo alle prese con il processo di adattamento alla sua nuova vita da divorziato e con il senso di solitudine che ne seguirà; Samantha, invece, sarà un’intelligenza artificiale creata e abbinata a Theodore appositamente per lui.

Tra i due nascerà una connessione del tutto inaspettata, uguale a quella che si potrebbe creare tra due esseri umani in carne ed ossa, ad eccezione del fatto che qui, la componente del “in carne e ossa”, non è apparentemente rilevante.

Inizialmente le cose andranno magnificamente per i due: Theodore troverà di nuovo sè stesso in Samantha e Samantha, dal canto suo, inizierà a provare per la prima volta tutte quelle emozioni per cui era stata programmata ma che ancora non aveva mai sperimentato.

Con il tempo, però, gli intoppi inizieranno a venire

fuori e per primo si presenterà il problema del “(non)

corpo” di Samantha, ritenuto da quest’ultima

essenziale per il completamento della passione di

Theodore e per la propria realizzazione personale.

In seguito subentreranno nuove persone, nuovi amori

e la dura realtà dei fatti: Samantha non era stata

programmata per parlare solo con Theodore o per

amare solo lui e, così come potrebbe succedere a

qualsiasi altro essere umano, non era in grado di

limitarsi ad amare solo e soltanto una persona.

Tra i due rimarrà comunque un amore unico nel suo genere che segnerà non solo la vita di Theodore ma, sicuramente, anche quella di Samantha e che lascerà a entrambi la speranza di un ritorno.

“Non ho mai amato nessuno come ho amato te”

“Neanche io, ora sappiamo cosa vuol dire”

Come ho già detto, gli amori di cui ho parlato, tra di loro, hanno ben poco in comune, alcuni sono sopravvissuti alla vita, altri sono semplicemente finiti, altri ancora sono stati deleteri per chi li ha vissuti. Per tutti, però, l'amore sembra essere una formula già scritta che nessuno conosce e che prescinde da tutte le regole logiche e matematiche; sappiamo quali parti di questa formula possono

farla funzionare (rispetto, dialogo, affetto e stima incondizionata, profonda amicizia) e sappiamo quali possono potenzialmente distruggerla (gelosia, possessione, lontananza, tradimenti) ma poi, però, capiamo che alle volte, nonostante ci siano tutte le componenti corrette, le cose non funzionano lo stesso, oppure che, nonostante la presenza di elementi potenzialmente dannosi, queste funzionino ugualmente.

Come sia possibile credo che nessuno lo sappia, non lo sapevano i nostri registi o scrittori, non lo sapevano i loro personaggi e, probabilmente, non lo sappiamo nemmeno noi. L'amore fondamentalmente credo sia di tutti e di nessuno, tutti noi lo conosciamo o lo conosceremo, un giorno, ma nessuno di noi lo capirà mai veramente; saremo in grado di dargli tanti nomi, tante forme, lo potremo trovare in persone, luoghi, oggetti, parole o situazioni, lo potremo descrivere con nostalgia, con rabbia, con tristezza o con gioia: sempre amore sarà.

Quello che trovo incredibile degli amori nell’arte è proprio questo: non c'è un modo unico di descriverli o rappresentarli, ogni loro singola sfumatura ha un proprio posto nel mondo e una propria bellezza che vale la pena raccontare e condividere.

Che sia un amore convenzionale o meno, che sia a distanza di chilometri o nella stessa casa, che sia tra amici o amanti, che sia corrisposto o meno, accettato o ostacolato, Woody Allen ci direbbe solo una cosa: basta che funzioni;

e io, se permettete, ne approfitto per dire lo stesso.

“Ecco perché non lo dirò mai abbastanza: qualunque amore riusciate a dare o a ricevere, qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare, qualunque temporanea elargizione di grazia: basta che funzioni.

E non vi illudete: non dipende per niente dal vostro ingegno umano,

più di quanto non vogliate accettare è la Fortuna a governarvi.”

“Basta che funzioni”, Woody Allen

SOFIA RABBITO - IIIBSU

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