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LA MODA ROMANA

Updated: Dec 31, 2022

Noi studenti conosciamo principalmente gli eventi storici che interessano una civiltà, ma molti aspetti considerabili secondari vengono completamente ignorati da tutti.

Tuttavia, parlare della moda può essere utile per addentrarci con una nuova ottica nella millenaria civiltà romana permettendoci di capire le nostre origini e quanto dobbiamo a loro. Così come uomini e donne dei nostri tempi, anche ai romani piaceva sfoggiare la propria bellezza sia con acconciature che con vestiti all’ultimo grido.

All’inizio le acconciature, mi riferisco in particolar modo a quelle femminili, derivavano dalla tradizione etrusca ed erano semplici e lineari: la ciambella e lo chignon. La donna romana di età monarchica e repubblicana era sottoposta a costumi severi, volti a mostrare la pudicizia e la serietà. Le ragazze potevano farsi acconciature molto semplici, se non elementari, come la coda di cavallo e solo dopo essersi sposate potevano osare un po’ di più. Le donne sposate infatti potevano avere acconciature più complesse delle nubili ma, quando uscivano di casa, dovevano coprirsi il volto e l’acconciatura con un velo (la rica). Questo obbligo era talmente sentito che, come ci testimonia Valerio Massimo, Gaio Sulpicio Gallo ha ripudiato la moglie perché venuta meno a questo.

Con l’avvento dell’impero, in particolare dopo Augusto, cambia tutto. L’imperatore si comportava come un “influencer” di oggi e quindi era lui a dettare la moda dell’epoca. Sotto il principato di Augusto, come scritto nella lex sumptuaria, sia gli uomini sia le donne dovevano avere pettinature semplici perché il princeps sponsorizzava un ritorno alla tradizione al fine di limitare lo sfrenato sfarzo Romano. Dopo la sua morte, tutti iniziarono a portare pettinature sempre più complicate.

Le donne nobili romane avevano delle schiave (le ornatrices) specializzate nella cura dei capelli. La parte più complicata era l’arricciatura, molto usata in epoca flavia, fatta con una canna di metallo (il calamistrum), antenato del nostro arricciacapelli, scaldata da alcuni schiavi (i cineraii). Per rendere i capelli lucidi si usavano due particolari ed oggi improponibili prodotti di bellezza: il grasso di capra oppure una mistura di olio d’oliva e cenere di betulla.

In epoca augustea la moda era dettata da Livia, madre di Tiberio, e da Ottavia, sorella del princeps, le quali inaugurarono il periodo delle trecce. In epoca Flavia invece andavano di moda i ricci e successivamente un tipo di acconciatura molto complesso volto a rendere più alte le matrone. Questo tipo di acconciatura venne preso in giro da alcuni poeti, tra cui Giovenale, in diverse satire.

Da che mondo è mondo non si può parlare dei capelli senza citare tinture e parrucche. Ebbene sì, tingersi i capelli non è una recente novità, ma una pratica comune già ai tempi dei Romani. Dato che gli dei erano considerati biondi, tutti e tutte volevano esserlo e, per assecondare questo desiderio, si usavano i metodi più disparati: Commodo si faceva mettere in testa una polvere dorata (cosa molto comune alla sua epoca) come per dire che in testa aveva un’aureola; le matrone con i capelli già chiari per natura se li schiarivano con una mistura di limone ed acqua distillata di fiori di ligustro. A proposito delle tinture non posso non menzionare una cosa che mi ha colpito: alcune donne, non molto ricche, si facevano tingere i capelli di verde o di azzurro.

Per quanto riguarda la moda delle parrucche alcune donne, che avevano perso molti capelli a forza di arricciarli di continuo, si facevano attaccare in testa capelli finti fatti venire dall’area germanica o dall’India. Anche gli uomini si facevano tingere i capelli e si facevano incollare dei capelli o per nascondere la calvizie oppure, come ha fatto Adriano, per creare boccoli finti e una capigliatura più voluminosa.

Anche gli uomini iniziarono a prendersi sempre più cura dei loro capelli ricorrendo all’esperienza di “tonsores” che tagliavano i capelli in botteghe specializzate, le antiche barberie. Ieri come oggi le botteghe dei barbieri divennero un luogo di incontro, scambio di idee e, cosa stupenda, erano organizzate come quelle moderne: alle pareti c’erano delle sedie dove i clienti attendevano il proprio turno, e intanto parlavano, c’erano vari specchi alle pareti ma, a differenza dei negozi dei barbieri moderni, una sola sedia dove si sedeva il cliente di turno. A questo, come al giorno d’oggi, veniva messo sopra un camice (involucrum) perché, come si sa, i capelli nel collo o sul vestito danno fastidio. Fino ad Adriano la tipica acconciatura maschile si ispirava a quella augustea (tranne sotto il governo di Nerone durante il quale andava di moda il ciuffo). Con lui, dato che le forbici (forfex) usate dai tonsores potevano rovinare il taglio, iniziò la moda dei ricci. Infine i capelli venivano profumati con oli, creme e profumi.

La cura della barba nell’uomo inizia nel periodo di Cesare. Infatti, il tagliarsi la barba (depositio barbae) per la prima volta segnava il passaggio alla vita e c’era un vero e proprio rituale che prevedeva nel raccogliere la barba tagliata in vasi d’oro, per i ricchi, o di vetro, per i poveri, e sacrificarla agli Dei. Tuttavia, siccome le lamette usate dai romani provocavano profonde ferite sui visi degli uomini, da Adriano in poi i Romani si lasciarono crescere la barba.

Dunque, posso concludere facendo notare quanto questa millenaria civiltà abbia introdotto usanze nel campo della moda e della cura della persona che ancora oggi influenzano la nostra vita.


Marco Fucci 2°AG


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