Quella volta che la bassa produsse campioni di pallone
- L' eco del Liceale
- Apr 4, 2022
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Updated: Jan 3, 2023
Se si pensa al distico Bassa Romagna-Pallone a venire subito in mente può essere la favola del Baracca Lugo allenato da Zaccheroni, oppure i fratelli Guglielmo e Giulio Panini, ideatori dell’omonimo album di figurine; tuttavia, qui all’Eco non ci piace scadere nella banalità, perciò vi portiamo una storia meno conosciuta, quella di uno sport oramai estinto.
Tutti ricorderanno di certo il giuramento della pallacorda, sia per la trasposizione artistica dell’episodio da parte di Jacques-Luis David, sia per la particolarità dello stesso: un’assemblea nazionale riunitasi in un campo sportivo, adibito più nello specifico alla disciplina della pallacorda. Da questo sport discende, primo per importanza, il tennis ed in generale la maggior parte degli sport che implicano l’utilizzo di una racchetta. In pochi, però, sono a conoscenza di un altro “figlio” della pallacorda, legato indissolubilmente alla storia della nostra Bagnacavallo: il pallone col bracciale.
Disciplina alquanto sui generis, nacque attorno al XV secolo, e si diffuse rapidamente in tutto il bel paese. Diventò presto sport nazionale, raggiungendo il suo picco nell’800. I giocatori, detti pallonisti, diventeranno veri e propri personaggi pubblici, accumulando fama e denaro in quantità esorbitanti per uno sportivo dell’epoca. Era infatti stato varato un vero e proprio business model all’avanguardia per far rendere le competizioni sferistiche: il proprietario di una squadra di livello era spesso il proprietario di altri top team, perciò organizzava tornei tra le proprie squadre senza che se ne occupasse alcuna federazione, per poi mettere in palio un premio in denaro, incoraggiando la competizione. Il sistema quasi monopolistico e l’enorme giro di scommesse attorno al pallone col bracciale permisero quindi l’arricchimento non solo dei presidenti ma anche dei giocatori. Figure talmente affascinanti da meritarsi citazioni da parte di Goethe e Leopardi, da De Amicis e Burkhardt, ricordano, per i soprannomi e per i guadagni, i moderni calciatori. Basti pensare che il grande Antonio Dirani, pallonista bagnacavallese, veniva chiamato “il toro”, nomignolo ad oggi associato all’attaccante dell’Inter Lautaro Martinez. Dirani non era certo l’unico campione della zona: nel foro italico, infatti, il marmo spedito per rappresentare la provincia di Forlì sarà quello del Pilibulus, il pallonista appunto. Il pallone col bracciale era tuttavia già in declino al tempo. Sarà infatti lo sport più popolare in Italia fino agli anni ’20, per poi essere soppiantato dagli sport di origine britannica, come il calcio.
A quest’ora vi starete chiedendo, giustamente, in cosa consista questo pallone col bracciale. Il nome ci dà già informazioni importanti: si utilizza una sfera di pelle di tre etti per 40 cm di diametro e la si colpisce con un vero e proprio bracciale (in antichità di legno, poi di vari materiali) dotato di un centinaio di punte e pesante dagli uno ai due chilogrammi. Il campo è lungo circa 80 m e largo 16, ed è diviso in due parti. I ruoli sono, per così dire, tre più uno. In squadra ci sono il battitore, dal nome autoesplicativo, la spalla ed il terzino, dedicati alla ricezione, a cui si aggiunge il cosiddetto mandarino, solitamente un giocatore di bocce che si occupa di lanciare il pallone in alto per la battuta. Il sistema di punteggio era inizialmente uguale a quello tennistico, se non per l’assenza di vantaggi, e poi si evolverà sostituendo il 60 con il 50. Anche il gioco in sé è molto simile al tennis, con la differenza che il fuori dal lato corto non è un punto per l’avversario ma per il tiratore.
Sarà molto praticato in Toscana ed in Piemonte, dove si evolverà nella pallapugno. Per quanto riguarda il nostro territorio, oltre alla già citata Forlì, grande centro sarà Bagnacavallo. Infatti, seppur il pallone col bracciale sia oramai abbandonato, lo sferisterio ad esso adibito viene utilizzato per gli allenamenti della Fulgur Bagnacavallo, squadra di tamburello più titolata della bassa. Quest’ultima disciplina, direttissima discendente del pallone col bracciale, è probabilmente diffusa proprio come naturale e moderna evoluzione dello sport cinquecentesco.
Perciò, d’ora in poi, quando sentirete parlare di Romagna e pallone, non penserete solo ai fratelli Panini, o al Baracca Lugo, bensì anche alla perduta arte del pallone col bracciale.
Di Francesco Colombo, 5 As
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