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The Dark Side Of The Moon

50th anniversary


Quest’anno ricorre il 50° anniversario dall’uscita del famosissimo album The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, pubblicato per la prima volta l’1 marzo 1973 negli USA, il 23 dello stesso mese nel Regno Unito. Questo è molto più di un album qualsiasi nella musica rock, in generale, ma anche all’interno della produzione musicale della band britannica. TDSOTM (abbreviazione per il titolo dell’album) è uno fra i concept albums per eccellenza, nato come opera unica e unita, ma che tratta molti e diversi temi, a formare un grande arco di momenti, situazioni, emozioni, sensazioni, paure, critiche e tanto altro. La mia intenzione è di trattare in parte di questi temi facendo sempre riferimento ai brani specifici che li richiamano e, in parallelo, prestare particolare attenzione agli aspetti musicali dell’album.


Lato A

From the cradle to the grave

La vita

Speak to me

Innanzitutto direi di partire dal tema della vita, che è il tema trattato dal primo brano e per tutto il “lato A” del disco. Già dai primi secondi di Speak to me si può sentire il battito di un cuore in crescendo, simbolo chiaro della nascita, seguito da un ticchettio di orologi, una voce che parla, il rumore di un registro di cassa, un elicottero, una risata folle e delle urla femminili, tutte anticipazioni e in qualche modo parte di un riassunto di quello che verrà poi trattato durante tutto il disco (tutto questo in poco più di un minuto).


Breathe (In The Air)

Dopodiché il disco prosegue del tutto ininterrotto con Breathe (In The Air), che inizia subito con un accordo che credo riassuma già di suo il tipo di sonorità che i Pink Floyd e soprattutto David Gilmour (il chitarrista) cercavano da un po’ di tempo, trovato grazie ad un nuovo sintetizzatore portatile (EMS Synthi A): «Quel piccolo strumento offriva infinite possibilità interessanti», dice Gilmour. «Ci siamo sempre considerati un po’ elettronici. Avevo l’ossessione di trovare suoni che avessero una resa tridimensionale […]». Personalmente credo che questo tipo di suoni e atmosfera abbiano qualcosa di magico, è come essere sotto effetto di sostanze stupefacenti senza averle assunte. D’altra parte gli stessi Pink Floyd consigliavano di ascoltare l’album al buio e sotto effetto di allucigoneni. Il testo, proseguendo, è chiaramente riferito ad un bambino appena nato ed è un invito ed elogio alla vita che lo aspetta; allo stesso tempo è anche un invito a non lasciarsi trasportare dal ritmo frenetico del lavoro, ma a prendere fiato (“breathe”), senza scavarsi da soli una tomba precoce.


On The Run

Subito dopo c’è On The Run, un brano solo strumentale che in poche parole rappresenta “i tanti viaggi della band in quei giorni e la paura di volare associati ad essi”, come Wright ha dichiarato in seguito. Infatti durante il brano si sentono annunci di voli in aeroporto, una corsa trafelata e alla fine un aereo che si schianta. Il brano è stato composto inserendo 8 note nel sintetizzatore e aggiungendo vari effetti e suoni, per creare un brano coeso e tenuto insieme da un ritmo incalzante, angoscioso.

Time

A questo punto arriva un brano che parla da sé e di un tema fondante: Time. È lo scorrere del tempo inavvertito, per cui “un giorno scopri che dieci anni sono trascorsi”. Roger Waters, il bassista, ha parlato in numerose interviste della sua “improvvisa rivelazione personale” che ha avuto in quel periodo, in cui si è reso conto che tutti quegli anni che pensava lo stessero preparando per qualcosa, come una sorta di allenamento, in realtà fossero già la vita e non portassero a nulla in particolare. Questo brano è molto noto soprattutto per l’introduzione con il ticchettio di orologi, sveglie e pendoli che suonano, tra l’altro registrati dall’ingegnere del suono Alan Parsons prima dell’incisione del brano, quindi non appositamente: "Li avevo registrati in precedenza in un negozio di orologiai per un disco dimostrativo del suono quadrifonico; sono entrato con un registratore portatile e li ho registrati separatamente, mentre ticchettavano e poi suonavano”. Poi, verso la fine del brano, troviamo il continuo di Breathe, appunto chiamato Breathe (Reprise), in fin dei conti la terza strofa di quel brano, separata dalle altre “per ragioni strutturali ed emotive”, come spiega Waters in un’intervista.


The Great Gig In The Sky

L’ultimo brano del lato A è The Great Gig In The Sky e dietro di sé ha una storia abbastanza travagliata: nasce inizialmente come brano strumentale (per semplice organo) composto dal tastierista Richard Wright, con il nome The Mortality Sequence. Durante il 1972 subisce varie trasformazioni e alla fine dello stesso anno viene cambiato lo strumento principale con il pianoforte, ma il risultato ancora non convince la band e soprattutto il suo ingegnere del suono, Alan Parsons, a cui viene l’idea di far entrare una voce femminile nel brano. Così contatta la cantante Clare Torry, con cui aveva già collaborato, e la fa venire agli Abbey Road Studios. I musicisti, appena viene organizzata la prima “session”, non le danno quasi indicazioni e le chiedono di improvvisare completamente dei vocalizzi privi di parole, (senza nemmeno farle vedere gli accordi) sulla traccia di Wright; “Volevano che io usassi la voce come un loro strumento” dirà Clare in seguito. Così in meno di 3 ore e dopo solo 3 prove la lasciano andare. Prenderanno e uniranno poi parti da tutte le tracce e il brano sarà pubblicato. Ammetto che mi stupisco ancora a pensare che tutti i vocalizzi che a me erano sembrati perfettamente calibrati e scelti con la massima attenzione in realtà sono stati improvvisati del tutto e in poco tempo, ma questa è l’ennesima prova che è proprio l’unicità del momento a rendere la musica magica. Un fatto interessante è che la cantante, al contrario di come aveva pensato uscita dalle sale di registrazione, si rese conto che la sua voce era finita nell’album solo quando lo vide per caso in un negozio e lo comprò. Molti anni più tardi (nel 2004) Clare Torry aprì una causa legale citando i Pink Floyd e la EMI (la loro casa discografica) per ottenere la co-paternità con Wright del brano che aveva cantato, che le fu poi concessa con un accordo però mai reso noto.

Al di là della vicenda, questo brano costituisce la chiusura dell’arco panoramico del concetto di vita che era iniziato con Speak To Me e rappresenta il graduale passaggio dalla vita alla morte, diviso in due parti: nella prima il rifiuto dell’avvicinarsi della fine e la volontà di combatterla, nella seconda la serena rassegnazione e accettazione dell’inevitabile. Prima che inizi la parte vocale del brano c’è una voce fuoricampo che recita: “E non ho paura di morire / In qualsiasi momento capiterà, non m'importa / Perché dovrei aver paura di morire? / Non ce n'è ragione, prima o poi te ne devi andare […]” come per dire che non c’è alcun bisogno di temere la morte perché è nell’ordine naturale delle cose.


Lato B

Il lato oscuro

Denaro, Guerra, Scelta, Follia, Eclissi


Money

Proseguendo, quindi, con il lato B del disco, incontriamo più temi e più specifici; il primo è il denaro, con Money appunto. Questo brano è una pesante critica alla supremazia del “Dio Denaro”, all’eccessivo attaccamento ai soldi da parte degli uomini che non percepiscono l’esca a cui stanno abboccando (peraltro da loro creata) e che il denaro stesso è la causa di tutti i mali a cui cercano di porre fine. Il testo è una critica ironica, che scimmiotta quella cieca avarizia che è presente in ognuno di noi. La canzone è una sorta di messaggio di Waters, in cui afferma che le sue opinioni socialiste non saranno smorzate dall'ingresso nella celebrità commerciale e, a pensarci, il tutto è un po’ ironico dato che grazie a Money, che respinge la glorificazione della ricchezza e i mali del consumo non necessario, catapulta la band proprio verso la fama commerciale. Da un punto di vista musicale si percepisce subito l’inconfondibile quanto inusuale tempo 7/4, che muterà in 4/4 solo per l’assolo di chitarra di David Gilmour, e il suono del registratore di cassa all’inizio che marca subito il brano. Da notare è anche l’assolo del sassofonista Dick Parry e il riconoscibile riff del basso su cui poggia l’intero brano. Money è stato poi estratto dall’album come singolo insieme a Any Colour You Like ed è stato il primo successo della band negli USA, scalando le classifiche in molte riviste di musica di quel periodo.


Us And Them

Guerra è il secondo tema di questo lato e la canzone che ne parla è Us And Them. Questo brano descrive l’atrocità e l’insensatezza della guerra, uomini normali contro altri uomini normali (“ordinary men”), che mi ricorda molto i versi de La guerra di Piero De André “Vedesti un uomo […] / Che aveva il tuo stesso identico umore / Ma la divisa di un altro colore”. Sono proprio gli stessi uomini che in guerra perdono la propria identità diventando anonimi e automi, in una macchina più grande e priva di un vero scopo. Inizialmente questo brano è nato perché il regista Michelangelo Antonioni aveva commissionato ai Pink Floyd la realizzazione della colonna sonora del suo film Zabriskie Point. Così Wright aveva scritto il tema principale del brano (all'epoca The Violent Sequence). Il regista italiano scartò la canzone definendola "bellissima, ma troppo triste... mi fa pensare alla chiesa". Da un punto di vista musicale in questo brano viene usata una sequenza di accordi molto particolare, influenzata dal jazz, che ha sempre come base un tessuto di armonie e vibrazioni prodotte con l’organo Hammond che funziona perfettamente da collante.


Any Colour You Like

Il terzo brano, Any Colour You Like, è “solo” strumentale, composto da Gilmour, Wright e Nick Mason, il batterista. Il significato del titolo e del brano stesso è stato forse spiegato in un’intervista a Waters in cui racconta un aneddoto dal quale parte la metafora di "Qualsiasi colore ti piaccia, sono tutti blu", appunto per denotare l'offerta di una scelta dove non ce n'è. In senso più ampio il fatto di compiere una scelta porta un senso di angoscia, perché sono le infinite possibilità dell’esistenza a pesare sulle spalle. In realtà la prima volta che ascoltai questo album non mi accorsi minimamente (soprattutto da Us And Them in poi) del cambio di brani e devo dire che per un po’ ho creduto che in effetti questo brano non esistesse da solo, ma fosse solo parte di uno più grande; dico questo per sottolineare l’importanza e la cura con cui sono collegati i brani, addirittura facendo coincidere l’unica divisione data da esigenze fisiche (i due lati del disco) con il cambiamento di temi.


Brain Damage

Lunatic è il titolo che davano i membri della band in studio a Brain Damage, una canzone molto intrigante, soprattutto per il tema: la follia. Come afferma Waters, per scrivere questo brano la band si è ispirata all'instabilità mentale dell'ex membro Syd Barrett, cantante e chitarrista, che si era gradualmente allontanato dalla band a causa dell'uso di droghe e di una forma di alienazione. C’è una parte specifica rivolta a lui: "And if the band you're in starts playing different tunes..."; infatti si riferisce all’ultimo periodo con Barrett, che iniziava a suonare un'altra canzone nel bel mezzo di un concerto. La prima frase della canzone “The lunatic is on the grass” ironizza sui cartelli delle aiuole in cui c’è scritto “NON CALPESTARE L’ERBA” implicando che chi trasgredisce è un folle, anche se è buffo che Waters in un documentario del 20031 dice che la vera follia è di chi non lascia calpestare “quell’erba così bella”. In questo caso, ritornando al tema principale, la follia rappresenterebbe “il lato oscuro”, insieme a tutto ciò che di negativo è stato creato dall’uomo, vale a dire i temi che sono trattati nei brani precedenti.


Eclipse

Ultimo brano dell’album: Eclipse. Attraverso l’anafora, una figura retorica raramente usata nella musica rock, viene riassunto sostanzialmente tutto quello che si fa nella vita a formare una climax che trova perfetta risoluzione nell’ultimo accordo (tecnicamente una terza piccarda) in cui la tonalità si trasforma da minore a maggiore, dando così un senso di “luce in fondo al tunnel”, di speranza. Come dice alla fine una voce fuoricampo, non esiste un lato oscuro della luna perché alla fine dei conti la luna è tutta oscura, il mondo è in un’ombra eterna e se ha un lato illuminato è solo grazie al sole, la vita. E infatti l’ultimo suono che si sente è lo stesso cuore pulsante che aveva aperto l’intero album e anziché fermarsi continua a battere.


- Lorenzo Missiroli 2AG

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