SEGUIRE L’HIC ET NUNC
- L' eco del Liceale
- May 16, 2022
- 3 min read
Updated: Jan 3, 2023
A Gesar di Ling
Un'armatura adorna di intarsi dorati,
Un grande cavallo adorno di una sella di sandalo:
Questo ti offro, grande Generale Guerriero.
Sottometti in questo istante i barbari ribelli.
La tua dignità, o Guerriero,
È come il fulmine tra nubi tempestose.
Il tuo sorriso, o Guerriero,
E come la luna piena.
Il tuo potere invincibile
È come il balzo della tigre.
Attorniato dalle truppe
Sei uno yak selvaggio.
Diventare tuo nemico
E come essere afferrato da un coccodrillo.
O Guerriero, proteggimi:
Sono il tuo erede ancestrale.
Chögyam Trungpa
I guerrieri non sono macchine da guerra. Con guerriero infatti identifichiamo qualsiasi combattente, chi ha tenacia e perseveranza in ogni attività. Diventando guerrieri, si manifesta l’assenza di paura, ma più importante la gentilezza, che è in grado di conciliare il mondo. Siamo guerrieri se siamo genuini, non nutriamo aggressività e siamo veramente noi stessi.
Non per forza le azioni belliche devono essere identificate con la crudeltà e la violenza scelerata. Abbiamo sempre letto nei libri di scuola che il combattimento è spesso stato obbligatorio e le persone coinvolte non hanno fatto altro che stare alle regole: uccidi prima di essere ucciso.
Gesar di Ling è l’impavido signore del leggendario regno di Ling, personaggio principale della narrazione epica tibetana.
Nel Shambhala -che secondo il buddhismo tibetano è il regno segreto al nord dell’india nella regione dell’ Himalaya- il guerriero ha una rilevante importanza, è coraggioso perché abbandona l’Io e non prevarica gli altri, si mostra con profonda umiltà davanti le vite altrui.
Il sorriso è la principale arma che il guerriero dispone per contrastare l’odio, che potremmo rappresentare come un ente assolutamente caotico.
Siamo consapevoli del fatto che non potremo mai eliminare il disordine dalle nostre vite perché è l’angoscia stessa a causarlo. Infatti caos e risentimento sono strettamente collegati all’esperienza del dolore. La sofferenza è come una spia che ci avverte che qualcosa nella nostra vita non va, pertanto il nostro obiettivo per superare queste fasi non è certo quello di cercare di contrastarlo, quanto più quello di non temerlo e di mostrarci vulnerabili. Solo capendo che non dobbiamo limitarci solamente a convivere con noi stessi, ma esprimere anche ciò che siamo, possiamo mostrarci alla vita in modo genuino, senza nutrire aggressività o avversione. Così anche il dolore diventerà parte integrante di noi, una semplice fase come le altre, essa andandosene cancellerà dietro di sé il risentimento e ci riempirà di gioia. Di fatto il risentimento non è esserci. Quando siamo in apprensione per qualcosa siamo da qualsiasi altra parte fuorché il momento che stiamo vivendo, stiamo meditando su un qualcos’altro che ci rende estremamente distaccati dal qui ed ora. Ma quando, se non ora, possiamo esserci liberamente senza che i seducenti canti del passato ci attirino a loro, o senza perderci tra le labirintiche vie del futuro? Se ci siamo solo per il presente, scivoliamo tra un istante e l’altro senza rendercene conto.
Dobbiamo poi imparare ad usare la gentilezza, con la quale trattiamo il presente, anche con gli altri e in primis con noi stessi. Sarà più facile a farsi che a dirsi: non possiamo negare che ci sia bontà in noi, se siamo in grado di sorridere. Sorridiamo spesso durante la giornata e come può il sorriso, azione tra le più spontanee ed autentiche, non corrispondere con la genuinità?
La guerra che combatte un guerriero è la codardia, la paura che hanno gli uomini che si rinchiudono nel loro mondo familiare, che vivono inevitabilmente infelici perché sono bloccati in un ciclico e ripetitivo stile di vita.
Alcuni pensano che lo Shambhala sia un luogo astratto che sia dentro ognuno di noi, un mondo luminoso e beato, intercettabile da chiunque sia in grado di vivere quietamente il proprio essere. Quante volte siamo scappati da noi stessi? Il motto di vita del guerriero è proprio questo: ironizzare lo stato di sofferenza, meravigliarsi delle più piccole esperienze di vita ed esaltare le potenzialità positive; così infine, riuscire a tracciare percorsi personali e vedere più chiaramente, senza riflessi, noi stessi.
IRENE DRAGONI 4AC
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