top of page

What were YOU wearing? La mostra del consenso

Updated: Dec 30, 2022

“Ricordo benissimo cosa stessi indossando quella notte, quando sono stata violentata; me lo hanno chiesto e ho risposto, risposto e risposto. Ricordo anche cosa stesse indossando lui, anche se, nessuno me lo ha mai chiesto”

Mary Simmerling “Cosa stavo indossando”.


La poesia di Mary Simmerling, oltre ad essere sconvolgente e toccante, è anche fonte d’ispirazione per una delle mostre più significative quando si parla di violenza sessuale: “What were you wearing? Ascolta, credi, supporta”, dal 2014 mostra itinerante aperta al pubblico, con l'obiettivo di consapevolizzare che no, una vittima di violenza sessuale non può cambiare modo in cui si veste per ottenere dignità.

L’esibizione di Jen Brockman e Mary Hiebert raccoglie 40 abiti, 40 storie vere e 40 persone che hanno subito violenze, a discapito di genere sessuale ed età, mettendo a nudo la nostra società.

Prima di analizzare le opere nella loro crudezza, bisogna soffermarsi sul concetto di violenza sessuale e in particolare su cosa sia il “consenso”, parole che pensiamo di conoscere, ma delle quali comprendiamo veramente il significato nel profondo?

Per “consenso”, si intende quando “una persona, in condizioni proprie, accetta volontariamente i desideri o le proposte di un'altra persona fatte in modo chiaro”. Quindi non si tratta di consenso se una persona dice di no, se una persona dice di no e dopo diverse insistenze dice di sì, se una persona aveva capito una cosa diversa e se una persona era in stato alterato. Anche non parlando di violenza sessuale, riusciamo tutti a comprendere a pieno tramite un facile esempio: se sei sotto effetto di sostanze stupefacenti, quali alcol, non riuscendo a comprendere bene cosa stia succedendo ed una persona ti chiede 5 euro e tu accetti il giorno dopo ti hanno comunque rubato 5 euro; 5 euro sono relativamente una piccola somma, ma se al posto di 5 euro ci fosse stata la possibilità di sentirsi violati ed in pericolo la vita? La sensazione di non essere sicuri nemmeno nel proprio corpo? Questa è la violenza sessuale, una persona che si forza su un’altra, togliendole la libertà di sentirsi a casa e al sicuro in sè stessa, dandole la sensazione che la propria pelle sia sporca, che il proprio corpo sia impuro e meriti ogni cosa che sia successa, e, in una società che prima di chiedere “come ti senti?” chiede “cosa avevi addosso?” è molto probabile sentirsi così.


-Anonimo, studentessa universitaria.

“Indossavo un vestito. Mesi dopo mia madre stava davanti all’armadio e si lamentava di come io non mettessi più nessuno dei miei vestitini. Avevo 6 anni.”


-Anonimo, studente universitario.

“Era passato poco dalla morte di mio padre, stavo indossando il suo pigiama, mi faceva sentire più sicuro a lui; era il giorno della commemorazione della sua morte, uno dei suoi amici mi stette molto vicino per tutta la giornata, la notte venne nel mio letto e mi violentò.”


-Anonimo, studentessa universitaria.

“Era il mio vestito preferito, rosa con le fragoline, avevo 4 anni, ma quello non mi fece stare male: fu la consapevolezza che fu mio fratello, sangue del mio sangue, a farmi più male.”


-Anonimo, studentessa universitaria.

“Non ricordo cosa stessi indossando, ma ricordo la macchia di sangue nelle mie mutande bianche, nonostante tutto non erano le mutande ad essere sporche, quella che si sentiva sporca ero io”


Anonimo, studente universitario.

“La prima volta indossavo una maglietta blu e dei jeans. La seconda volta anche.

Indossavo il blu ogni volta che andavo agli allenamenti di kickboxing o quando dovevo sentirmi forte. Anche oggi vesto di blu, perchè non possono rubarmi la voce, il mio colore preferito e anche la capacità di dire no ed intenderlo, sono cose mie e solo mie”


Questo articolo è per il 98% di donne che hanno subito violenze sessuali durante la loro vita. Per tutti gli uomini che le hanno subite e hanno paura a denunciare perchè non verrebbero presi sul serio, siete ascoltati, crederemo sempre in tutti voi e siamo pronti a supportarvi.

Una nomina a diverse persone che hanno preferito tenere i loro nomi anonimi, ma che hanno condiviso le loro storie di recente: diciannovenne, stuprata, mentre era svenuta, da quello che credeva essere un suo amico, che dopo aver ammesso di essere colpevole è stato giudicato troppo giovane per andare in carcere ed è ancora libero.

Un giovane ragazzo che dopo aver fatto coming out come uomo è stato stuprato e rimasto incinta, negandogli la sua identità nel modo più disumano possibile.

E a tutte le persone del liceo, le vostre esperienze non segnano chi voi siate e nemmeno i vostri vestiti, ricordatevi sempre che siete sempre validi.

Insieme, cerchiamo di imparare che un no, è sempre un no.


Nicole Dall’Aglio 4CSU


Recent Posts

See All
La cura attraverso l’arte

Dal 5 marzo al 16 aprile, a Ravenna, nel Palazzo Rasponi dalle Teste, si sta tenendo una mostra dal titolo “La cura attraverso l’arte”...

 
 
 
IL FARO

La notizia più sconvolgente di queste ultime settimane, a livello internazionale, è stata la presenza nei cieli statunitensi di un...

 
 
 

Comments


bottom of page